Agli I Days il rock senza tempo tra ieri e oggi
Rockol.it
Nello sviluppo del concerto Liam si divide tra le sue canzoni da solista e i grandi successi della band. Ovviamente i brani storici sono ben accolti, un po’ più di distacco dalla platea sulle sue canzoni che sono molto in stile Oasis o meno li accomuna la band che lo accompagna. Tra le esecuzioni spicca “Stand By Me” che diventa un inno corale tra pubblico e palco.
Sul finire del set Liam punta molto sul suo repertorio e quello è il momento in cui il pubblico pare essere più distratto, lontano. Ma arriva subito una sterzata finale sulle note delle canzoni degli Oasis.
Nello sviluppo del concerto Liam si divide tra le sue canzoni da solista e i grandi successi della band. Ovviamente i brani storici sono ben accolti, un po’ più di distacco dalla platea sulle sue canzoni che sono molto in stile Oasis o meno li accomuna la band che lo accompagna. Tra le esecuzioni spicca “Stand By Me” che diventa un inno corale tra pubblico e palco.
Sul finire del set Liam punta molto sul suo repertorio e quello è il momento in cui il pubblico pare essere più distratto, lontano. Ma arriva subito una sterzata finale sulle note delle canzoni degli Oasis.
L’impressione, che in realtà offre sempre Liam, è quella che il compito sia fatto, messo da parte anche questo concerto…. ma è solo un’impressione. La realtà è che si tratta di un concerto ben confezionato e più appassionante quando affonda le mani nel vecchio repertorio.
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È da un po’ di tempo che penso che Liam Gallagher, la magnetica voce degli Oasis, rock’n’roll star degli anni ’90 e icona di un brit pop da birra al pub, cori da stadio (possibilmente a una partita del Manchester City) e attitude da spaccone sia ormai fuori tempo massimo. Troppo preso dai continui bisticci con il fratello Noel e dal tentativo di essere sempre e ancora supersonic con pezzi che ricordano gli Oasis abbastanza da non perdere i fan della storica formazione britannica ma non così tanto da esserne una stucchevole imitazione, Liam sta invecchiando nella sua arroganza.
Con tamburello e maracas alla mano e posa a mento in su per raggiungere un microfono volutamente altissimo, come di consueto, Liam Gallagher fa il suo senza nessuna differenza rilevante rispetto ai precedenti live solisti oltre alle canzoni del nuovo album – la scelta è ricaduta su Better Days, More Power e Diamond in the Dark – proposte per la prima volta dal vivo dalle nostre parti. La voce è un filo più roca ma sempre pulita e dal timbro inconfondibile. Se, come dice qualcuno, ciò che conta sono le idee in questo set e nella carriera solista dell’artista non ce ne sono moltissime.
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Per vedere l’uomo più atteso della serata, bisognerà attendere che cali il buio e si accendano le saette luminose simbolo degli I-Days, ai lati del palco. In attesa della sua venuta, cori da stadio e il suo nome scandito a gran voce. Sono le dieci di sera quando prima una nebbiolina sul palco e poi un video con intro musicale, immagini e parole fanno intendere che è giunto il momento. Liam Gallagher sale sul palco ed è impossibile non sentire una fitta di nostalgia. L’iconica posa, con le mani incrociate dietro la schiena e il labbro superiore appiccicato sul microfono, quegli occhiali da sole stilosissimi e un outfit che prevede l’immancabile felpa con le zip su dei bermuda con i tasconi. In mano, le consuete maracas che non abbandonerà per tutto il concerto, accompagnandole a volte con un tamburello. Tutto questo per un momento sembra strapparti dal tuo corpo e ributtarti negli anni Novanta, quando in fondo non eri che un’adolescente senza pensieri e gli Oasis risuonavano dalla radio o da un cd.
Why me? Why not viene presentata da Liam anche se non ce ne sarebbe bisogno visto che le prime parole della canzone sono quelle del titolo, e poi prosegue accarezzandoti l’udito mentre la voce si accompagna alla perfezione agli strumenti per chiudersi con qualche nota di Come Together. C’mon You Know è accompagnata dai battiti di mani mentre la struggente ballata – un’altra canzone di matrice oasisiana – Stand By Me, viene cantata per lo più dal pubblico. E Liam, che come da tradizione non è particolarmente interattivo e certe volte appare un po’ sbruffone, sembra colpito dal coinvolgimento di tutta quella gente sotto di lui e la ringrazia in italiano. Che gli Oasis siano sempre presenti nella sua vita non si vede solo dalle scalette dei concerti ma anche dal fatto che chiede quanti loro fan degli Oasis sono presenti alla serata. Un rimando alla luna piena che brilla alta nel cielo ed è ora di un altro momento amarcord con Roll It Over e Slide Away. Parte More Power e le somiglianze che in tanti negli anni hanno fatto tra Liam Gallagher e John Lennon le senti tutte qua. E non puoi non scattare con il C’mon di Diamond in The Dark, ogni volta che lui lo lancia. Once, anche in versione live, sembra una favola accompagnata da una chitarra.
Il finale è un crescendo, e non potrebbe essere altrimenti con canzoni come Cigarettes & Alcohol, Wonderwall (dedicata a Lukaku) e Champagne Supernova. Finita l’ultima nota, Liam si cala il cappuccio della felpa sulla testa e si prende i suoi meritati applausi. Sempre con quell’aria strafottente e quella smorfia che però, ammettiamolo, ci piacciono tanto. Grazie Liam, se avessi fatto anche Don’t Look Back in Anger sarebbe stata davvero la serata perfetta. Ma ci si è avvicinata molto.