C’è già chi sfoggia un maccheronico mancuniano mentre fa il suo ingresso trionfale Liam Gallagher , accompagnato dall’immancabile Fuckin’ In the Bushes, perché se Noel usa la strumentale Fort Knox come stratagemma per avvicinarsi e insieme discostarsi dagli Oasis, Our Kid se ne frega. Il primo che vuol tornare indietro nel tempo è proprio lui, anche a costo di prendere a testate gli orologi.
Il copione è lo stesso del 1996, occhiale scuro e camminata dinoccolata con al posto della Delorean il riff di Rock ‘n’ Roll Star. Domanda ricorrente che accompagna ogni performance dell’ex bad boy, “Liam come stava?”, alla grandissima. La voce è la lama di rasoio dell’era che fu, consolidata dall’età e da una condotta necessariamente lontana dai tempi in cui Our Kid si vantava di coltivare le corde vocali tra Cigarettes & Alcohol. La psicosi collettiva degenera con Morning Glory, seguita dai quattro brani più forti della nuova vita solista, Greedy Soul, Wall of Glass, Bold e For What It’s Worth , con tanto di scivolone sull’attacco, accolto con un’ovazione. «C’è qualche fan degli Oasis?», chiede Liam accennando un sorriso. Una manciata di ragazzi in prima fila si propone, «Non voi, siete troppo giovani, voglio qualche vecchio fan degli Oasis, perché le canzoni che sto per fare sono davvero vecchie». Gallagher Jr. vuole la sua gente, gli invasati della prima ora – All my people right here, right now, D’you know what I mean?, griderà in faccia ai suoi adepti, concludendo la lezione di storia inaugurata con Bring It on Down e Listen Up. I’ve All I Need, You Better Run per l’ultimo sprazzo di 2018, preso poi a schiaffoni dalla glorificazione finale: Whatever, Supersonic, Some Might Say, Live Forever e Wonderwall.
Il K-way giallo con cui Liam si è presentato sul palco è ormai inondato di sudore –”Mi avevano detto che a Milano sarebbe piovuto e di portare un ombrello”, ci scherza su Our Kid .
Fonte : Rolling Stones tags: iDays
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